Monday, December 26, 2005


... XmasPost ...
10) Pet Sematary e dintorni
Il Gatto di Schrödinger
C'è un gatto che da 70 anni non si sa bene se è morto, se è vivo, o se è un po' morto e un po' vivo.
E' il gatto di Erwin Schrödinger, il fisico che nel '35 ideò un esperimento concettuale per mostrare la difficoltà della fisica quantistica.
Il felino è in una stanza dove c'è una fiala con un veleno. La fiala si apre solo in seguito al decadimento di un materiale radioattivo che ha il 50% di probabilità di decadere entro un certo tempo. Il problema è che la fisica quantistica interpreta questa probabilità non come una previsione sul futuro, ma come se l'atomo si potesse trovare contemporaneamente nei due stati possibili: decaduto e non. Questi due stati sono però antitetici e allo scienziato appaiono sempre uno alla volta. La teoria ortodossa afferma che l'atomo sperimenta questa sovrapposizione dei due stati. Quando lo scienziato va a controllare, l'atomo si sposterebbe istantaneamente in una delle due situazioni possibili, 'decidendo' se decadere o no.
Se il ragionamento fosse vero, allora anche il gatto sarebbe un po' morto e un po' vivo, e il suo destino si deciderebbe quando lo scienziato guarda dentro la stanza. Se si può accettare che un atomo possa essere insieme un po' decaduto e un po' no, per un gatto il ragionamento potrebbe apparire un po' più difficile...

Tuesday, December 20, 2005



9) Macellai, gemme minoiche e anfore tebane

Non spezzate le ossa dei morti

Tutti avete sicuramente sentito parlare della dea Artemide, la "signora degli animali", ma forse vi incuriosirà sapere che c'è un nesso etimologico tra Artemis (in dorico Artamis) e artamos : il "macellaio", o più precisamente, "colui che recide le articolazioni".
Il termine, meno comune del suo sinonimo magheiros, era adoperato sia nel linguaggio della cucina sia in quello del sacrificio. Il nome di Artemide serberebbe una traccia del divieto, diffuso in ambito Euroasiatico (lo si vede affiorare anche nel Vecchio Testamento) di spezzare le ossa delle vittime sacrificali. Un divieto del genere era forse associato alla Despoina (ossia la Signora): la più venerata tra tutte le dee dell'Arcadia, per certi versi simile ad Artemide, anche se tardivamente assimilata a Kore, la figlia di Demetra. Secondo Pausania i sacrifici in onore della Despoina seguivano un rituale del tutto insolito. Alla vittima non veniva tagliata la gola: le venivano recise le membra "a caso", cioè senza un ordine prestabilito, ma rispettando le articolazioni. A questo tipo di sacrificio sono state accostate alcune gemme minoiche e un'anfora tebana arcaica, in cui è raffigurata una divinità femminile circondata da membra recise di animali. Forse le divinità eurasiatiche che resuscitavano gli animali dalle ossa raccolte non sono lontane da questa immagini. In ogni caso il tema della resurrezione dalle ossa era presente anche nella cultura greca: se fate da bravi, più avanti vi racconteremo il mito di Pelope.

Monday, December 12, 2005


8) Iscrizione di San Clemente

Spulciando i primordi della lingua italiana

Non sarà una novità per chi, come noi, ha provato la terrificante delizia di affrontare un esame di storia della lingua italiana e in particolare di impararsi a memoria le 676 pagine del Migliorini.

L’iscrizione è affrescata su un muro della chiesa di San Clemente a Roma, risale agli ultimi anni dell’XI secolo e descrive un episodio tratto dalla Passio sancti Clementis.
Il patrizio pagano Sisinnio [che si chiama tra l’altro come il nonno di Fireburton] era prefetto di Roma e marito di una certa Teodora, convertita al Cristianesimo e convinta al voto di castità da San Clemente. Sisinnio pedina la moglie con un pugno di fidi soldati e la sorprende ad ascoltare la Messa celebrata proprio dal Santo. Pieno di collera, lo accusa di aver esercitato arti magiche contro di lui, togliendogli momentaneamente la vista e l’udito per abusare di sua moglie.
Egli ordina a tre servi di trascinare per terra san Clemente legato:
- Fili de le pute, traite.
Poi insiste con due di essi perché lo trascinino con la fune:
- Gosmari, Albertel, traite.
E al terzo, Carboncello, dà ordine di spingere con un palo il santo:
- Fàlite dereto colo palo, Carvoncelle.
Ma un miracolo è avvenuto. Il sant’uomo che il patrizio e i tre vorrebbero martirizzare è libero: mentre essi credono d’avere in mano lui, stanno legando e spingendo una pesante colonna.
Da questa si leva una voce, che spiega il miracoloso avvenimento:
Duratiam cordis vestris
Saxa traere meruistis

Chi fece l’iscrizione, con quello scarso storicismo proprio del Medioevo, adoperò nomi e lingua del proprio tempo per raffigurare un fatto del primo secolo, con una simpatica differenziazione: affidò le parole della colonna-san Clemente alla solenne lingua liturgica… e mise in bocca all’educatissimo signor Sisinnio una delle prime testimonianze scritte in lingua volgare che siano giunte ai giorni nostri. Degno e raffinatissimo inizio!!!

Monday, December 05, 2005


7) Gli arabi e la vicenda del "Veglio della Montagna"
Pensateci quando fumate

Nel mondo islamico la canapa era tenuta in grandissima considerazione. Hashish in arabo significa erba, anzi è l'erba per eccellenza, come se l'attività psicotropa della pianta costituisse la chiave definitoria dell'intero regno vegetale.
Gli arabi appresero l'uso della canapa dall'India, dalla Persia e dalla letteratura greca ed introdussero tale sostanze nella loro articolata farmacopea e nell'armamentario delle piante dispensatrici di voluttà ed evasione.

Numerose ed antiche sono le varianti narrative di questa storia. Il primo resoconto testuale di questa vicenda ci viene dalla Chronica Slavorum dell'abate Arnoldo di Lubecca, del XII secolo. In essa si raccontava di come l'imam Hasan, infallibile ed onnipotente capo della città fortezza di Alamut si servisse dell'hashish per arruolare dei giovani, renderli privi di volontà e da lui assolutamente dipendenti, in modo tale da spingerli nelle imprese più pericolose, non esluso l'omicidio. Il termine assassini, con cui si indicavano in Europa i componenti di questa devotissimo corpo armato di vendicatori, derivava dall'arabo hashishen, cioè dediti all'erba. Hasan infatti dava loro l'hashish per indurre estasi e visioni fantastiche e, armandoli di pugnale, prometteva che quelle gioie sarebbero diventate eterne se essi avessero eseguito cio' che veniva loro ordinato.

Pur senza mai venir menzionata, la canapa è stata protagonista della vicenda leggendaria del "Veglio della Montagna" e della feroce setta dei suoi assassini, narrata da Marco Polo nel Milione: il "Veglio della montagna" aveva realizzato in una valle tra due montagne "lo piu' bello giardino e 'l piu'grande del mondo", fedele riproduzione terrena dell'aldila' maomettano. Qui venivano fatti svegliare, dopo un sonno estatico provocato con un erba, i sicari scelti per le missioni delittuose.
Si faceva loro credere che quello fosse il vero paradiso di Allah, e che avrebbero potuto viverci per sempre se solo avessero obbedito a tutti gli ordini del "Veglio". Gli assassini divennero in seguito le più temute e combattive compagnie militari inquadrate negli eserciti arabi che lottarono contro i crociati. La loro dedizione divenne una sorta di simbolo letterario dei trovatori provenzali, che magnificavano la fedeltà all'amata nell'amor cortese. Anche l'Ordine dei Templari, istituito poco dopo il 1100 a protezione dei viaggi in Terra Santa, sembrerebbe aver mutato simboli e modalità associative dagli assassini.

Il riferimento all'erba usata per plagiare gli assassini è presente nell'ottava novella della terza giornata del Decamerone di Boccaccio. Per intrattenersi con la moglie, un abate faceva bere all'ingenuo marito, Ferondo, una pozione fatta con "una polvere di meravigliosa virtù, la quale nelle parti di levante avuta da un gran principe, il quale affermava quella solersi usare per lo Veglio della Montagna, quando alcun voleva dormendo mandare nel suo paradiso o trarlone" (1954, p.344).

L'uso di una sostanza di nome benji, assai somigliante alla canapa nell'aspetto e negli effetti, ricorreva spesso anche negli intrighi narrati dalla bella Sheherazade nelle Mille e una notte.
Stranamente essa serviva per addormentare mariti e allo stesso tempo per ravvivare gli ardori e gli slanci degli amanti.

Nel mondo arabo la canapa tuttavia non rappresentò soltanto lo strumento per assoggettare le persone e per portare facilmente a termine gli intrighi amorosi. L'hashish era infatti la chiave di volta della mistica e della pratica spirituale nel sufismo e dei dervisci, usata per sopportare le lunghissime sedute di meditazione e per sperimentare, nell'alterazione delle facoltà mentali, il kif, la felicità e il riscatto eterno attesi dal credente.